La componente che potremmo definire artigianale, in quanto acquisibile esclusivamente attraverso un tirocinio pratico, della professione di educatore cinofilo rende poco visibile se non addirittura secondaria o inesistente la componente etica, al contrario imprescindibile e necessaria.
Per quanto l'etica possa apparire ad alcuni concetto sorpassato, se si ha a che fare con esseri viventi dovrebbe essere naturale tenerla come bussola per orientare il proprio comportamento, intesa sia nell'accezione ristretta di ramo della filosofia che si occupa delle azioni buone e cattive (che siano giuridicamente o politicamente considerate tali o meno), sia nella sua versione recente di etica applicata.
Dicevamo.
Il bisogno di acquisire metodologia e conoscenza degli strumenti di lavoro, in altre parole, può facilmente essere percepito come aspetto unico o prioritario rispetto sia alla necessità di capire prima di ogni altra cosa la natura dell’approccio culturale al cane e all’eterospecifico in generale, sia alla maturazione della consapevolezza degli aspetti etici e bioetici insiti in ogni professione che metta in relazione esseri viventi.
La padronanza delle conoscenze culturali e della metodologia disgiunta da questa consapevolezza, rischia di trasformare il lavoro dell’educatore cinofilo in un intervento di tipo meccanico e meccanicistico che, prescindendo dal principio di alterità animale (diversità, unicità e soggettività), potrebbe risultare la versione edulcorata del concetto di obbedienza ai comandi.
Riteniamo pertanto fondamentale che, nell’esercizio della propria attività, l’educatore cinofilo debba:
essere competente, cioè responsabile del proprio operato e capace di agire correttamente nel contesto di riferimento
essere professionale, cioè in grado di esercitare la propria attività all’interno di un quadro istituzionale, regolando la relazione asimmetrica tra se stesso e il cliente
cercare di ridurre il gap tra i principi etici e la realtà per essere efficace e efficiente
agire tenendo sempre presenti alcuni dei principi della bioetica:
principio di beneficialità, che comporta l’obbligo di agire anche in considerazione di ciò che è bene per l’animale e la sua qualità di vita
principio del rispetto dell’autonomia, che significa rispetto e riconoscimento dell’alterità animale, che comporta l’obbligo di non strumentalizzarlo e di valorizzare il suo apporto relazionale
principio di responsabilità, che implica la consapevolezza della responsabilità delle conseguenze prevedibili delle proprie azioni, soprattutto se rivolte a soggetti che non possono decidere
Ne consegue che l’educatore che si limiti a insegnare al cane comportamenti ritenuti comunemente adeguati e corretti dagli esseri umani, deroga al suo compito principale, che consiste non soltanto nel favorire la relazione eterospecifica ma anche e soprattutto nel valorizzare il concetto bioetico e zooantropologico che il cane, come ogni essere vivente a nostro avviso, è un essere senziente, soggetto di vita, portatore di bisogni specie specifici e individuali che deve poter soddisfare. L’educatore cinofilo deve infatti promuovere il rispetto dei bisogni fondamentali così come stabiliti da Maslow e rivisti alla luce dell’approccio cognitivo-zooantropologico, che, partendo dalla base, si articolano come segue in una piramide ideale:
fisiologici: assenza di fame, sete, sonno. Corretta omeostasi dell’organismo
di sicurezza: avere un rifugio sicuro, godere di tranquillità, sentirsi protetti
di appartenenza: sentirsi parte di un gruppo, di un branco, di una famiglia
di accreditamento: essere accreditato dal gruppo di appartenenza, conoscere il ruolo che si ha nel gruppo
di varietà: affrontare situazioni nuove, variare la quotidianità
di autorealizzazione: realizzazione del sé, del proprio talento, della propria attitudine
Purtroppo, se non si è dotati di grande senso di autocritica e non si è aperti al confronto con gli altri, ciascun educatore e ciascun "proprietario" ravviserà in questi elenchi le proprie virtù e i cani, a meno che non si sappia davvero vederli e capirli, non potranno mai dirci se siamo o meno nel giusto.
Alessandra Scudella