« E noi che non siamo abituati a scrutare nel profondo, ci mettiamo alla ricerca dell'apparenza esteriore, trascurando il fatto che ciò che determina il movimento è all'interno: è come se qualcuno volesse guardare la sua immagine, ignorando la sua provenienza. »
Plotino, “Enneadi”, V, 8
Cadiamo tutti nell'errore di giudicare l'identità di un individuo osservandone i comportamenti. Errore doppio, giacché dall'osservazione non dovrebbe discendere il giudizio bensì l'analisi; e perché un individuo non si esaurisce in ciò che mostra di sé. Solitamente, al contrario, ciò che mostriamo è il pallido riflesso della ricchezza di ciò che siamo.
I comportamenti sono ingannevoli per loro natura: nascono come traduzione intima e interiore di un dolore, di un bisogno o di un desiderio e sono a essi strettamente collegati, ma con il tempo si generalizzano ad altri ambiti subendo un'ulteriore traduzione rispetto a ciò che lI i ha originati, che rende ancor più difficile la loro comprensione sia da parte di chi li osserva sia, sembrerà incredibile, da parte dell'individuo che li esibisce e che ne diviene in un certo senso "vittima".