It's me

Mario Miccoli, Uomo cane, olio su cassetta di legno.

"Anerkuon ASD" è un'associazione sportiva dilettantistica il cui obiettivo principale è la qualità di vita delle persone e dei cani."

Bestie, uomini e robot

Non è notizia recente; al contrario, trattandosi di tecnologia, è estremamente datata e, forse, persino superata. Tuttavia, potrebbe valere ancora la pena spendere qualche parola intorno ad essa. Si tratta di Aibo, il robot cane.

Risale a quasi un anno fa l'annuncio di Sony circa l'immissione sul mercato della nuova versione di un prodotto che vide per la prima volta la luce nel 1999: Aibo, il robot cane.

Rispetto alla versione di quasi dieci anni fa, la nuova, a detta della Sony è "in grado di formare un legame emotivo con i membri della famiglia, fornendo loro l'amore, l'affetto e la gioia di nutrire e far crescere un compagno".

Come potrete leggere nell'articolo il cui link è riportato in fondo, "Aibo è connesso a internet e dotato di intelligenza artificiale. Sarà messo in commercio a gennaio (2018, n.d.r.), è bianco-avorio, alto 30 cm, con orecchie nere pendenti e occhi capaci di esprimere emozioni. Può interagire con il 'padrone' a distanza, tramite smartphone".

L’intelligenza non costituirebbe tuttavia motivo sufficiente per indurre le persone a acquistare Aibo: per operazioni complesse, memorie espanse e connessioni globali esistono il computer e tutti i suoi derivati.

Gli occhi e i movimenti di Aibo saranno gli elementi vincenti, giacché "I suoi occhi OLED permettono di simulare espressioni 'sfumate', mentre i nuovi attuatori permettono al corpo di muoversi senza intoppi lungo 22 assi".

Siamo nel campo concettuale del simulacro  (si veda l'articolo "Simulacri di vita" di alcuni giorni fa su questo blog), nell'accezione semioticamente e culturalmente etimologica del termine: il latino simulacrum ha vari significati, tra i quali statua, immagine, rappresentazione esteriore, parvenza, ombra, fantasma di persona morta, essere non reale. Il greco distingue due forme di imitazione: eidolon e eikon. Platone, ne Il Sofista, indica con il primo termine (divenuto in latino idolum o simulacrum) la rappresentazione distorta, mentre con il secondo l'icona, la copia, l'imitazione fedele del reale.

Siamo nel campo del simulacro perché un significante artificiale rimanda a un significato naturale, dissimulando e intrecciando le due categorie nell'aspetto e nelle funzioni.

Non siamo nuovi a operazioni del genere: basti pensare che già nel mondo ellenistico si trovano automi con la funzione di giocattoli, idoli religiosi o strumenti per dimostrare principi scientifici, e che l'ideazione e la costruzione di automi non ha mai conosciuto pause nel corso dei secoli.

Il Trattato sugli Automi di Erone di Alessandria, I secolo, edizione del 1589

Eolipila o Motore di Erone, ritenuto l'antenato del motore a getto e della macchina a vapore

Le Canard Digérateur (l'anatra digeritrice) di Jacques de Vaucanson, salutato nel 1739 come il primo automa capace di digestione 

 

E' nuova, invece, la Robotica Emozionale, che ha l'obiettivo di facilitare l'interazione uomo-robot attraverso l'espressione e il riconoscimento da parte dei robot delle emozioni umane.

L'origine della fascinazione che l'uomo subisce e, al contempo, produce attraverso la techné va ricercata nel grande mito di Prometeo e Epimeteo: il Titano Prometeo ruba a Efesto e Atena l'abilità tecnica e il fuoco per non lasciare gli umani privi di mezzi, avendo suo fratello Epimeteo dotato gli animali di tutte le facoltà naturali che gli Dei avevano messo a loro disposizione per tutti i viventi.

Proprio al mito si ispira Frankestein or the Modern Prometheus della scrittrice britannica Mary Shilley, che trasforma in un essere di carne, sangue e ossa gli automi meccanici creati dall'uomo.

Theodore Von Holst (1810-1844) – Tate Britain. Private collection, Bath.  Steel engraving (993 x 71mm) to the revised edition of Frankenstein by Mary Shelley, published by Colburn and Bentley, London 1831. The novel was first published in 1818.

Il cinema di fantascienza ha arricchito il nostro immaginario di personaggi, suggestioni e narrazioni di grande levatura: si pensi a Her, di Spike Jonze, il cui protagonista Joaquin Phoenix si innamora di un sistema operativo esclusivamente vocale con infinite capacità di apprendimento, empatia e verbalizzazione dei sentimenti; 

a Blade Runner, di Ridley Scott, in cui i replicanti sono esteticamente uguali agli umani ma a loro infinitamente superiori per capacità intellettive e forza fisica (idolo e icona contemporaneamente, dunque), con un longevità di appena 4 anni e utilizzati come schiavi;

Matrix, di Larry e Andy Wachowski in, in cui sono le macchine, o meglio, i sistemi operativi, che pensano, creano e sfruttano gli umani, che vengono allevati esattamente come alleviamo gli animali di cui ci nutriamo;

 a Ex Machina, di Alex Garland, che vede il protagonista Domhnall Gleeson innamorarsi di un robot, Ava (“impersonato” dall’attrice Alicia Vikander) che, essendo connesso con il motore di ricerca più potente del mondo, è “una e centomila”, cioè intelligenza (artificiale) singola e collettiva al contempo.

L’elenco potrebbe ovviamente continuare (non abbiamo menzionato infatti 2001: Odissea nello spazio di Stanley Kubrik, o Wall-E di Andrew Stanton, o I, Robot di Alex Proyas o il classico Hugo Cabret  di  Martin Scorsese ) ma ci fermiamo qui per dare tempo e spazio a alcune riflessioni.

Se diamo per acquisite due cose, cioè che non è il bisogno che crea l'offerta ma il contrario, e che lo sviluppo tecnologico è pacchetto da prendersi esattamente così come è e come sarà, senza possibilità di scegliere il buono e buttare via il cattivo - per cui se vogliamo le lavatrici e gli smartphone dobbiamo prenderci anche la bomba atomica - rimangono due sole constatazioni da fare. 

La prima. In ogni epoca sopravvivono elementi appartenenti al passato, anche lontano: usanze, tradizioni, credenze, riti, nei quali può condurre la propria esistenza un grande numero di persone, parzialmente o settorialmente impermeabili alla contemporaneità. Alcuni di noi dunque, semplicemente, rimarranno indifferenti al fascino dei robot che imitano i loro originali. E faranno finta di niente, soffrendo in silenzio.

La seconda. Forse la nostra contraddizione genetica e ontologica abita nella coesistenza del cervello rettiliano e della corteccia prefrontale nello stesso luogo, la scatola cranica: al primo probabilmente si deve la tensione verso il mondo animale e l’ambiente che ci circonda, che ci induce a vivere con cani, gatti, criceti, pappagalli, e a rimanere meravigliati e stupefatti di fronte alla loro bellezza; alla seconda va ricondotta, forse, la fascinazione verso l’artificio, il simulacro, che afferisce alla natura divina della techné, dell’abilità tecnologica rubata agli dei. Siamo dei, ma non del tutto: il pollice opponibile non si accompagna alla capacità divina di vedere l'insieme e le conseguenze dell'insieme.

Dunque noi rimarremo, elementi del passato guidati dal cervello rettiliano, dalla parte dei cani e degli animali tutti, quelli originali di carne e di sangue e di ossa; affascinati dalla complessità delle emozioni non ridotte a algoritmi; un po’ impermeabili e un po’ preoccupati dal futuro, pensandolo e immaginandolo in maniera simbolica e sentendoci idealmente in buona compagnia.

Alessandra Scudella

 Holocaust 2000 di Alberto De Martino

Salvador Dalì, Galatea delle Sfere, 1952

René Magritte, Les Amants, 1928 ;  Rene Magritte, Il doppio segreto, 1927

Maurits Cornelis Escher, Buccia, 1955 ;  Maurits Cornelis Escher, Vincolo d’unione, 1956

Articolo su Aibo (uno fra tanti):

https://www.digitalic.it/tecnologia/aibo-cane-robot-sony-e-tornato

Significato di simulacro:

http://www.treccani.it/vocabolario/simulacro

Mito di Prometeo e Epimeteo:

http://www.filosofico.net/Antologia_file/AntologiaP/pplatone8k3kls.htm 

Panoramica sugli automi:

https://it.wikipedia.org/wiki/Automa_meccanico

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