It's me

Mario Miccoli, Uomo cane, olio su cassetta di legno.

"Anerkuon ASD" è un'associazione sportiva dilettantistica il cui obiettivo principale è la qualità di vita delle persone e dei cani."

La pornografia del poter fare

 Questa immagine ha il merito di aver creato un cortocircuito e risolto un dilemma personale di cui voglio raccontarvi in questo articolo.

Sto seguendo da alcuni mesi i post e i video di alcuni addestratori, allo scopo di cogliere il nucleo da cui nasce la differenza tra "loro" e "noi" educatori/istruttori.

Non giudicatelo un esercizio inutile: è in realtà un tema di vitale importanza (almeno io lo considero tale), perché se riuscissimo ad accordarci su quel nucleo del quale sono in cerca - convinta ne esista uno - ne beneficerebbero i cani e anche i loro proprietari.

Per trovare il nucleo occorre prima di tutto separarlo da ciò che non lo è. Ma già a questo punto ci si può trovare in grande disaccordo, giacché il concetto di superficiale è soggettivo. Cosa considero trascurabile? La diatriba strozzo vs pettorina; obbedienza vs libertà; controllo vs autodeterminazione; gestione vs relazione; conduzione al piede vs camminata con tre metri di guinzaglio; etc etc etc.

Perché sono discussioni superflue, che cioè non parlano delle vere differenze di approccio e di metodo? Perché ciascuno degli strumenti e dei concetti elencati può essere utilizzato e messo in pratica in molti modi. Sgombrato il panorama teorico dagli eccessi, mi sento serena nell'affermare che, ad esempio, la pettorina non è garanzia, di per sé, di una gestione "gentile" del guinzaglio; il controllo non è sempre un concetto negativo, dal momento che il cane è sotto la nostra responsabilità e in caso di pericolo reale o potenziale possiamo trovarci nella necessità di esercitarlo. Riconosco che è forse impossibile utilizzare lo strozzo senza provocare dolore o fastidio (dico forse perché non l'ho mai usato, quindi non ne ho esperienza), così come penso che un guinzaglio di 50 cm non permetta al cane di passeggiare con soddisfazione etologica (di questo invece ho esperienza). Rimangono tuttavia questioni intorno alle quali ritengo si sia discusso inutilmente ormai troppo a lungo, visto che nessuno ha cambiato idea e la guerra in cinofilia continua.

Una guerra triste, nella quale gli addestratori ritengono gli educatori colpevoli di aver diffuso fantasie filosofiche che non hanno fatto il bene dei cani e anzi hanno provocato danni, e gli educatori accusano gli addestratori di creare potenziali bombe esercitando violenza e coercizione nell'addestramento dei cani.

L'addestramento mancava e ancora in molti casi manca di basi scientifiche ed etiche strutturate, di cultura in senso ampio; l'educazione ha ipertrofizzato in molti casi quegli aspetti, caricando il concetto di relazione di significati ed elementi derivali.

Il conflitto è arrivato dunque a un punto di non ritorno, purtroppo. E quando si arriva lì, è saggio tornare indietro. Al nucleo, appunto.

Ho visto il nucleo nella fotografia del titolo: un branco di leoni che mangiano la propria preda sulla propria terra, circondati da veicoli pieni di turisti che scattano foto. Al cospetto del significato di questa immagine, tutti gli elementi che ho elencato per esemplificare le differenze tra addestramento ed educazione risultano periferici, in quanto conseguenti.

Prima di spiegarmi, un paio di immagini che riguardano invece la cinofilia: 

 

                              

  

 

Cosa accomuna la foto dei leoni con queste foto? L'agire da padrone incontrastato da parte dell'essere umano.

L'azione priva di riflessione: posso andare in Africa a fare un safari fotografico percorrendo i sentieri degli animali, arrivando molto vicino a loro - ci vado. Senza considerare che quell'azione trasforma il territorio in un enorme zoo e la vita degli animali che lo abitano in un prodotto da consumare. Senza riflettere sul fatto che una cosa è il fotografo/documentarista naturalista e un'altra, completamente diversa, una frotta di turisti. 

Senza sentire dentro di sé che l'osservatore modifica l'osservato e che la presenza di una folla accalcata intorno a esseri viventi con cui non condivide il territorio e la nicchia ecologica, ne viola e modifica l'essenza.

Facciamo perché possiamo fare. E questo fare, in molte occasioni e in molti contesti, diventa pornografico - perché sovraespone e perverte.

I cani che vivono con noi non sono i leoni o gli elefanti africani, anzi, sono addomesticati e domestici da migliaia di anni. Quindi non violiamo nulla, non dobbiamo loro nulla, meno ancora che ai leoni e alle gazzelle.

Eppure mi ostino a pensare che avere potere di fare dovrebbe indurci all'autocontrollo.

Se chi utilizza strumenti e/o metodi da padrone o con violenza, pensando che il cane deve adattarsi a tutto e che è nato per compiacerci e obbedire riuscisse a cogliere la violenza di quella foto e di queste appena sopra, si creerebbe immediatamente lo spazio per un confronto e un arricchimento veri e proficui: la cultura dei veri addestratori (non degli spaccacani) e la cultura degli educatori possono trovare punti di contatto e contaminarsi in un modo fruttuoso. In un luogo che, ovviamente, non attrarrà gli estremi dell'una e dell'altra ma che non per questo non potrebbe funzionare.

 

Alessandra Scudella

 

Foto di copertina: https://www.travelweekly.com/Middle-East-Africa-Travel/Overtourism-in-Africa

Bull con collare a punte: https://www.fordogtrainers.it/collari-metallici-herm-sprenger-c-1/collare-con-le-punte-di-herm-sprenger-325-mm-p-1000.html

Pit con cavezza: https://www.zoomalia.it/negozio-di-animali/cavezza-cane-halti-2-colori-a-scelta-p-22686.html

 

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